VUOTO IN CONDOTTA

Siddhārtha Gautama indica la Via del vuoto per il raggiungimento del Nirvana, il Satori Zen è assenza di pensiero, lo stato di trance del Derviscismo Sufico è sospensione dalla fisicità. Anche secondo la teoria dell’ordine di riempimento degli orbitali la materia è vuota, l’universo stesso è vuoto.
Il vaso di pandora però è sfuggito di mano, questa condizione è diventata la cosa più importante nelle nostre teste. Siamo immersi nel nulla. I regali che ci scambiamo sono involucri vuoti, le nostre parole non hanno peso, talvolta siamo costretti a urlare o ad imporle con la violenza data la scarsità cronica di contenuti. Sbraitano tutti il loro nulla, tutti vogliono apparire, basta guardare i muri di una scuola, una comitiva di amici, un comizio o uno stadio. Fiato alle trombe per ? Per non aver niente da dire.
L’adolescenza è un periodo di “vuotezza” che col passare degli anni diventa vuoto totale perché neanche più l’entusiasmo rimane. Si passa direttamente da mocciosi a duri, non serve prendersi responsabilità di alcun genere, si hanno solo diritti. Essere vuoto è un diritto.
Una buona palestra rende la scatola forte e delineata ma poi le apri e che c’è dentro? Le dedichiamo ore e energia mentre all’interno ci penseremo dopo magari se avanza tempo. Prima ci si occupa di apparire poi ad essere siamo sempre in tempo.
Il vuoto ha anche un enorme successo mediatico e culturale, la pubblicità ne è un esempio tumorale: tappezza qualsiasi cosa d’immagini e di slogan esaltando le scatole, svilendo il contenuto. Accendi la tv e per chi ancora non si è fritto il cervello è grossolanamente evidente che un documentario o un buon film servono ad interrompere distrattamente gli spot, non il contrario. Ho ascoltato talvolta interviste a presunti personaggi del jetset e non dicono nulla. Il niente totale. Ridono tutti, buffalmacchi e gigioni, sgomitano per il loro centimetro cubo di denaro, piangono, litigano, vuoti. E tantissime persone ingoiano queste puttanate ogni giorno credendosi immuni, mica son vuote loro.
Metti un criminale megalomane a capo di gruppo di criminali incravattati e grazie a un’oculata pubblicità diventerà il capo di un governo in breve tempo perché in fondo le persone non sanno più differenziare il contenuto della scatola e la scatola stessa. Addirittura a tavola i sapori ci sono suggeriti dalla presentazione del piatto, non dal gusto complessivo. Stabiliamo la qualità di un vino dall’etichetta o dal prezzo, basta sedersi in un qualsiasi ristorante e osservare i commensali. Nel nazismo estetico il packagin sta diventando più importante del prodotto stesso tanto la gente non si accorge.
Ci vendono il vuoto.
Ci siamo abituati al vuoto.
Qualche imbecille  è anche contento del vuoto, essendo vuoto lui lo condivide col mondo.
Due tette finte e un paio di labbra cortisoniche assicurano a una perfetta idiota un discreto successo così come un’auto sportiva fa breccia negli sguardi femminili anche se a guidarla è uno zio mascalzone col riporto.
Installi un programma di messaging e dopo aver scambiato svariate frasi con decine di nickname ti accorgi che non hanno un cazzo da dirti. E guai se all’interno della tua scatola c’è qualcosa, sei uno stronzo o un diverso.
Ma alla fine le scatole vuote mica son contente, il venerdì sera si drogano, si ritrovano, bevono, ballano, scopano ma.. restano infelici scatole.

Meno male che un giorno moriremo. In fondo siamo vuoti a rendere.

 

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8 commenti

  1. anche tu fai parte di questo.
    non capisco il mondo per l’esistenza di lavori che non servono a nulla, se non a creare una confezione più grande e invitante per il nulla.
    “ciao tu che fai?” “ho un lavoro molto importante sono account, cioè tengo le relazioni con i clienti che ci fanno fare dei lavori di grafica”
    Capisco
    “e tu invece cosa fai?” “io sono impiegato in banca compro e vendo azioni, faccio fare un mare di soldi con le transazioni alla mia società”
    Capisco
    “io?””io faccio solo grano, vino, legname, olio, null’altro”

  2. Lele quando piove ti bagni, è inutile essere forti o cazzuti: ti bagni comunque.

    Dimmi il vuoto nel quale viviamo, siamo immersi, respiriamo penetra in te? Produrre, grano, vino, legname, olio, essere un medico, un generale, il presidente di una nazione automaticamente fa di te un vuoto un po’ meno vuoto?

    Io vedo tanto vuoto e farne parte a me mortifica ma il mondo è bello perché è tragicamente vario.

  3. no ma la realtà in cui vivo non è il vuoto che vedi tu, riesco a cogliere ancora la realtà di un paesino. in cui la semplicità e praticità debella il vuoto.
    Una spolverata di sana tradizione contadina fa rimanere tutto nel pieno, di principi belli e brutti, contatto con la terra e scetticismo verso le musiche colorate dei venditori.
    Ultimi schiamazzi, nessuno sarà a lungo immune ai cellulari ficcati anche nel buco del culo e ad essere impazienti per aver acquistato un telomettonelculoenemmenotenenaccorgi di mediashopping

  4. Leggo, medito, condivido e, sostanzialmente, mi sento sollevata dalla considerazione finale che siamo “vuoti a rendere”.
    Magari dall’altra parte torniamo a far parte di “qualcosa”, anche se trovo doveroso citare Ezra Pound che dice “È difficile descrivere un paradiso quando tutte le indicazioni superficiali indicano che si dovrebbe scrivere di un’apocalisse. Risulta ovvio trovare abitanti per l’inferno o per il purgatorio.”
    muuu. . .

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