E adesso razzolaaaa come sai fare tuuuuuuu

Nella prossima vita non vorrei mai reincarnarmi in un pollo.
Se sei un maiale e scappi in un paese islamico vivi felice.
Se sei un bovino e scappi in India nessuno si sogna di mangiarti.
Se sei un gatto, un cane o un insetto resti in europa e conosci la vecchiaia.
Ma se sei un pollo lo prendi nel culo ovunque.
Hai voglia a scappare lontano in Indonesia o in Australia.
In Africa o in America Latina. Ti aspettano a fauci aperte.
Pure da uovo ti scassano i coglioni, non ti lasciano mica in pace.
Esite un Dio toro, un Dio coccodrillo, un Dio civetta, un Dio gatto e perfino un Diocaneeeeeeeeeee
MA UN DIO POLLO non esiste.
Insomma i polli non muoiono mai di morte naturale.

 

Anche oggi.. niente male

Oggi ero più avvelenato del solito e mi stava sorgendo dal chakra Chi uno tsunami di fiele vermiglio che si stava trasformando in bile velenosa, così ho cercato un’immagine evocativa per esprimere il mio schifo e ho cercato prima mongoloide, poi ridicolo, poi freak e ho trovato in sequenza volti dolcissimi di ragazzi down, poi banali meme e poi Schlitzie di Freaks. L’ho guardato e mi sono sentito un vero coglione: il mondo è pieno di microcefali che appaiono normali e di normali che appaiono microcefali. A questi ultimi porgo le mie scuse e le mie carezze più tenere e agli altri il mio più raggelante, assoluto e intimo disgusto.

Che.

Ora, io sono qui e tu ti siedi proprio davanti al palco.
Mi ero accorto di te appena sei entrato in sala.
Mi accorgo di tutti.
Di tutti voi.
Mi incuriosite e non vi accorgete che vi osservo.
Vedo tante persone ma loro non hanno idea che le guardo.
Loro sono qui per guardare le ragazze, io per guadare chi guarda le ragazze.
Comunque sei stato 6 ore, dico SEI FOTTUTE ORE su quel divanetto in finta pelle senza alzarti per prendere un drink o per pisciare.
Sei ore.
Sei ore a guardare in sequenza: aste di mobili, Instagram e notizie di calciomercato senza alzare lo sguardo.
Tette e culi che ti ballonzolano davanti e tu nulla, fisso sullo smartphone.
La mattina finita la musica ti ho visto sparire tra gli zombie.
Già non vi capisco a venire qui, pagare un biglietto e guardare tette e culi che vi ballonzolano davanti ma è un mistero dentro un enigma come mai venite qui, pagate un biglietto e invece di guardare tette e culi che vi ballonzolano davanti state a guardare il cellulare sei ore.
Dico sei ore.
Ma che cazzo ci vieni a fare qui?
Mi sento un mostro.
Potrei scrivere un libro su quello che vedo.
S’intitolerebbe “Occhio ragazzi”


 

Sagomami.

Hanno installato nel mio ufficio un tubo.
Ci hanno fatto passare i cavi elettrici e i cavi della fibra.
Proprio al centro della stanza. Dice che non avevano alternativa.
Nella vita c’è sempre un alternativa.
Credo anche negli uffici.
Comunque ok.
A questo sfregio estetico ho risposto con una sagoma di cartone.
Ho inserito un lavoro dentro un altro lavoro.
Una potente simbologia allegorica.

 

Cattelan spostati proprio.